Friedrich Nietzsche scriveva che chi
lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E
se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà in te. Esiste
la reale possibilità di divenire mostri per coloro che lottano contro il male?
Riusciamo a riflettere a sufficienza sulle motivazioni che scatenano gli
istinti peggiori dell'uomo? Cesare Lombroso, antropologo e criminologo,
sosteneva che “non vi è delitto che non abbia radice in molteplici cause”.
Queste ed altre domande saranno sorte nella mente di Wilhelm Brasse negli anni
in cui è stato a contatto con il terribile male del nazismo?
Chi è Wilhelm Brasse?
Brasse è stato un fotografo
professionista polacco e, soprattutto, un prigioniero del campo di
concentramento di Auschwitz durante la seconda guerra mondiale. Divenne famoso
come Il fotografo di Auschwitz. La sua vita ed i suoi lavori sono stati
oggetto di un documentario televisivo polacco, The Portraitist, del
2005.
Prima di comprendere il male che ha
documentato per i carnefici, e come capiremo anche per tutti noi, cerchiamo di
ripercorrere le tappe della sua vita.
Brasse nacque a Zywiec, in Polonia, il 3
dicembre del 1917 da un discendente di coloni austriaci e da madre polacca. Suo
padre era un soldato dell'esercito polacco e combatté nella guerra
polacco-sovietica del 1919-1921. Brasse apprese i rudimenti della fotografia in
uno studio di proprietà della zia, nella città di Katowice. Sviluppò ben presto
una grande capacità di ritrarre le persone nei vari momenti della quotidianità.
Dopo l'invasione della Polonia, nel
settembre del 1939, subì enormi pressioni dai nazisti per entrare nella
Wehrmacht. Rifiutando ripetutamente l'invito, fu interrogato dalla Gestapo.
Tentò di fuggire in Francia, attraverso l'Ungheria, ma fu catturato al confine
polacco-ungherese ed incarcerato per quattro mesi. Malgrado la prigionia,
Brasse non modificò le proprie idee rifiutando nuovamente di giurare fedeltà ad
Hitler. Tale comportamento gli costò un biglietto di sola andata per il lager.
Il 31 agosto del 1940 fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz,
subito dopo l'apertura avvenuta nel giugno dello stesso anno.
Prima di proseguire ritengo doveroso un
breve richiamo sul campo di concentramento di Auschwitz. Per campo di
concentramento di Auschwitz si intende quel vasto complesso di campi di lavoro
e concentramento che formarono un sistema organizzato situato nelle vicinanze di
Auschwitz, città della Polonia meridionale.
Oltre al campo originario, Auschwitz I,
durante l'Olocausto nacquero diversi altri campi attorno al corpo originario, o
sotto-campi, tra cui il famigerato campo di sterminio di Birkenau, ricordato
come Auschwitz II. Il complesso dei campi di Auschwitz, il più grande
realizzato dal nazismo, svolse un ruolo fondamentale nel progetto di Soluzione
finale della questione ebraica, divenendo il più efficiente centro di
sterminio della Germania nazista. Nell'immaginario collettivo Auschwitz è
divenuto il simbolo universale del lager nonché il sinonimo di fabbrica
della morte.
Brasse, dopo l'internamento ad Auschwitz,
nel febbraio del 1941 fu chiamato nell'ufficio di Rudolf Hoess, comandante del
campo, insieme ad altri quattro prigionieri. In quell'occasione fu testata la
sua abilità fotografica. In seguito alla prova fu selezionato per le sue
abilità di laboratorio e per l'ottima abilità tecnica con la macchina
fotografica. La scelta ricadde su di lui anche grazie al fatto che parlava e
comprendeva molto bene il tedesco.
In seguito gli fu ordinato di
fotografare, a scopo di documentazione, i prigionieri del campo. Le operazioni
avvennero nella Erkennungsdienst, ovvero l'unità di identificazione
fotografica. L'anno successivo Josef Mengele, il medico nazista soprannominato
l'angelo della morte, incontrò Wilhelm Brasse. Il motivo dell'incontro
risiedeva nell'ammirazione di Mengele per le fotografie di Brasse. Il medico
chiese a Brasse di fotografare i gemelli e le persone con disordini congeniti
su cui egli stesso stava effettuando sperimentazioni. Probabilmente quello fu
il momento in cui decise di ribellarsi ai nazisti, cercando di collaborare con
la resistenza polacca. Quell'iniziale ribellione non fu l'unica che maturerà negli
anni nel campo di sterminio.
Agli inizi del 1945, con l'avvicinarsi
del fronte di guerra al campo di Auschwitz dopo l'entrata dei sovietici in
Polonia, i nazisti ordinarono a Brasse di distruggere tutte le fotografie ed i
negativi. Lui disobbedì, a rischio della vita, nascondendo la maggior parte
delle sue, forse, 50.000 immagini in una baracca-dormitorio. L'Armata Rossa le
troverà appena liberato il campo, conservandole sino ad oggi.
Cosa accadde a Brasse dopo l'avanzata del
fronte di guerra al campo di Auschwitz?
Nel febbraio del 1945, insieme a migliaia
di altri prigionieri, Brasse fu trasferito nel campo di concentramento di
Ebensee, un sotto-campo austriaco del complesso di campi di concentramento di
Mauthausen-Gusen. Questo complesso di campi di sterminio era l'ultimo rimasto
ancora sotto il controllo dei nazisti. Wilhelm Brasse rimase imprigionato nel
lager di Ebensee sino a quando le forze americane lo liberarono agli inizi del
maggio del 1945. Dopo il ritorno a Zywiec, Brasse provò a riprendere il lavoro
di fotografo, ma i fantasmi dei campi di concentramento gli impedirono di
continuare l'attività di ritrattista. Decise di aprire un salumificio, che gli
diede modeste soddisfazioni economiche. Malgrado possedesse ancora una macchina
fotografica, in un'intervista, dichiarò che non avrebbe mai più scattato
fotografie.
Morì a Zywiec all'età di 94 anni.
Anche se è difficile dire quali fossero
le fotografie di Brasse, dato che le immagini dei campi di concentramento non
indicavano il nome del fotografo, Mensfelt, portavoce del museo di
Auschwitz-Birkenau, dichiarò che furono scattati circa 200.000 ritratti di
prigionieri, nelle tre pose, con nome e professione allegata. Sempre secondo
Mensfelt, circa 40.000 di queste immagini sono giunte sino a noi con le carte
di identificazione e 2000 delle stesse sono esposte al museo. Molte altre
fotografie si trovano a Yad Vashem, il memoriale dell'Olocausto israeliano.
Alcune fotografie identificative di prigionieri di Auschwitz, e di altri campi
di concentramento, sono accessibili negli archivi fotografici dell'USHMM ovvero
United States Holocaust Memorial Museum.
Wilhelm Brasse non fu l'unico fotografo
dei campi di concentramento. Come lui svolsero tale attività anche Georges
Angeli a Buchenwald e Francisco Boix a Mauthausen, poiché la catalogazione
fotografica dei prigionieri dipendeva da una direttiva generale cui tutti i
campi di concentramento dovevano rispondere.
Cosa differenzia Brasse dagli altri
fotografi della morte?
Grazie ai suoi racconti ed alle sue memorie,
raccolti per il documentario televisivo polacco The Portraitist del 2005,
sappiamo come avvenivano tutte le operazioni di catalogazione dei prigionieri.
Secondo Chéroux, studioso delle
fotografie dei lager, quelle immagini servivano ad attestare la conformità del
detenuto agli standard fisici e sociali. Lo studioso ricorda che quei corpi una
volta fotografati diventavano immediatamente inutili.
Alcune di queste fotografie sono
contenute nel libro La vita di Wilhelm Brasse, il fotografo di Auschwitz,
di Luca Crippa e Maurizio Onnis, e ci ricordano gli ultimi istanti della vita
dei soggetti ripresi.
L'importanza di queste immagini, come
Brasse intuì nel periodo peggiore della vita nel campo di concentramento e
sterminio, resisterà al tempo e al cambiamento delle idee politiche, ricordando
alle nuove generazioni cosa fu il Nazismo.
Un giorno chiesero a Simon Wiesenthal
cosa pensava di un possibile ritorno al potere del Nazismo, rispose: “Assolutamente
no, a meno di una crisi pericolosa: se ci fosse una grande crisi economica, i
democratici finirebbero per così dire sotto accusa, e tutto sarebbe possibile.
Ma non accadrà.”
Il Grande cacciatore di Nazisti
morì a Vienna il 20 settembre del 2005.
Sembra ieri, ma sono passati 13 anni.
Fabio Casalini
Bibliografia
Luca Grippa e Maurizio Onnis, Il fotografo di Auschwitz - «Il mondo deve sapere», Milano, Edizioni Piemme, 2013
Maria A. Potocka, Wilhelm Brasse photographer 3444 Auschwitz 1940-1945, Eastbourne, Sussex Academic Press, 2012
Alessandro Melazzini, Il fotografo di Auschwitz, in Il Sole 24ore, 15 giugno 2009
Elisa Barberis, Morto Brasse, fotografo di Auschwitz, in La Stampa, 24 ottobre 2012
Valentina Avon, L'orrore di Auschwitz rivive nello scatto della bimba col fazzoletto, ora a colori, in La Repubblica, 15 marzo 2018
Michele Smargiassi, Wilhelm Brasse, il fotografo del lager. L'uomo che documentò il male, in La Repubblica, 26 ottobre 2013
FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.
Bellissimo articolo, scioccante e molto difficile guardare questi occhi pieni di terrore e di dolore. Mi piacerebbe poter vedere il materiale completo ritrovato, soprattutto quello inerente il lavoro di Mengele. Sei sempre molto preciso e pungente. Spero che questo come altri articolo sulla grande guerra arrivino al cuore di chi ancora non comprende. Rosella
RispondiEliminaGrazie di cuore Rosella!!!
EliminaChi nega o non comprende determinati aventi, può avere un cuore?
Fabio