Per questo post un
ringraziamento particolare va a Edoardo
De Angelis in persona,
protagonista di questa storia e direttamente coinvolto dall’autore
per le rivelazioni e per le conferme fornite, e per averne
gentilmente autorizzato la pubblicazione (con le testuali parole:
“certo, non hai bisogno di alcuna autorizzazione”).
Un ulteriore
ringraziamento va a mio fratello Carlo
per aver innescato la reazione a catena che ha portato al racconto di
questa storia.
Ci sono canzoni che per qualche motivo
ci segnano fin dall’infanzia, e in un modo o nell’altro ce le
portiamo dietro tutta la vita, per ragioni che molto spesso non
saremmo neanche in grado di spiegare.
Per me una di queste è “La
casa di Hilde”, incisa da Francesco De Gregori
nel 1973 a firma sua e di Edoardo De Angelis (altro importante
cantautore della scuola romana, famoso soprattutto per la sua
magnifica “Lella”) nel suo album “Alice non lo sa”,
che contiene più di un capolavoro.
E’ una canzone strana, come spesso
capita alle canzoni del “principe”, e fin dai primi ascolti, a me
che ero quasi bambino, affascinava per il tono narrante che ne faceva
quasi una favola nera, con descrizioni poetiche di
sentieri di montagna e di rapporti fra un padre e un figlio, momenti
di crescita e di consapevolezza delle fasi adolescenziali, e la
curiosa irruzione quasi “noir” di una storia di
contrabbandieri e diamanti, nascosti addirittura dentro una
cetra.
Col tempo ne apprezzai assai meglio la
qualità narrativa e di sintesi di alcune immagini (“oltre
quel monte il confine, oltre il confine chissà, oltre quel monte la
casa di Hilde”), l’incipit degno di un grande romanzo
(“L’ombra di mio padre due volte la mia, lui camminava ed io
correvo”) e la descrizione di una vicenda con dei lati oscuri
che mi richiamava perfino certe atmosfere Simenoniane, con personaggi
e luoghi di confine, esistenze che incrociano i loro destini
senza che si riesca mai a decifrarne del tutto le traiettorie.
L’ho suonata e cantata mille volte, e
ancora lo faccio, insomma è davvero una di quelle canzoni che in
qualche modo mi ha segnato e accompagnato. Ricordo poi
distintamente discussioni anche animate con amici altrettanto
appassionati sugli eventuali significati del testo. All’epoca De
Gregori passava per un cantautore ermetico (e a volte lo era davvero)
ed era scontato attribuire simbolismi anche astrusi alle sue
liriche. Cosa avrà voluto rappresentare? Cosa simboleggiano i
diamanti? E la capra che appare nel finale? E il doganiere?
Ho trovato meraviglioso scoprire, ad un
certo punto, che non voleva simboleggiare un bel niente. Si
tratta semplicemente di un racconto, un superbo racconto,
elaborato da De Gregori insieme ad Edoardo De Angelis sulla base di
un ricordo di infanzia dello stesso De Angelis. Insomma era tutto
vero: la gita in montagna, il padre, il rifugio gestito da Hilde,
il contrabbando, il confine a due passi.
In una intervista, interrogato al
riguardo, De Gregori la racconta così:
« La
casa di Hilde la
scrissi perché Edoardo De Angelis una sera a cena mi raccontò di
questa gita in montagna che aveva fatto con suo padre ed è
esattamente come dice la canzone, tranne il fatto che il
contrabbandiere non era suo padre ma una persona che loro
incontrarono in questa casa di Hilde dove loro dormirono, e
naturalmente non contrabbandava diamanti ma orologi. E quella notte
mentre lui e suo padre dormivano, nell'altra stanza c'era questo
contrabbandiere che credo scopasse con Hilde; arrivò la Guardia di
Finanza che lo perquisì ma non trovò niente perché Hilde aveva
nascosto gli orologi da qualche parte.»
(Francesco
De Gregori, Francesco
De Gregori: un mito,
edizioni Lato
Side,
Roma, 1980)
Personalmente ritengo che l’invenzione
di sostituire i diamanti agli orologi sia una vera meraviglia (e
vedremo più avanti che neanche di orologi si trattava), e forse il
nasconderli dentro una cetra (simbolo della musa della poesia) sia
proprio una di quelle trovate simboliche care al principe. Ugualmente
non del tutto astrusa comunque, vista l’importanza agli inizi del
secolo scorso di figure tipiche delle nostre alpi come i “cacciatori
di cristalli”, di cui si è già parlato proprio in questo
blog, nel post
dedicato ai contrabbandieri. In ogni caso anche
rileggere il testo alla luce di questa specie di rivelazione può
dire molto su quanto un narratore possa costruire, anche su
pochi elementi, una storia e un testo degni della migliore
letteratura. Ma ciò che ancor più inevitabilmente avrebbe
stuzzicato la curiosità, a questo punto, era anche la raccolta di
altri particolari, a cominciare dai luoghi (oggi si direbbe le
location) che erano stati teatro di questa storia così particolare.
A questo punto entra in scena mio
fratello Carlo, creatore e animatore instancabile di un gruppo
Facebook assai frequentato, chiamato “Un
De Gregori al giorno…”
nel quale da anni posta video del cantautore romano e non, con note
esplicative, notizie, curiosità o anche semplici commenti relativi
ai brani condivisi. Avendo conosciuto anche di persona Edoardo De
Angelis, in occasione della presentazione del suo bel CD “Il
cantautore necessario”, Carlo entra in contatto
con lui anche sul social network, e da lì lo seguo anche io.
A questo punto anche la casualità (o
destino) ci mette del suo, e fa sì che proprio questa ultima estate,
in cerca di un luogo di villeggiatura che ci permetta di girovagare
per le Dolomiti ampezzane (essendo mio padre originario di
Cortina), io e mio figlio Francesco (anche se ormai la sua
ombra è identica alla mia e quasi la supera) si finisca per
alloggiare in Austria, a due passi dal confine, nel paesino di
Kartitsch
al centro dell’omonima valle. Di là dalle montagne di fronte a noi
c’è l’Italia, in particolare le Dolomiti di Sesto.
Di li a poco,
conversando proprio con Edoardo De Angelis, vengono fuori i nuovi
particolari che collocano anche geograficamente tutta la vicenda. Ci
dice direttamente Edoardo di aver trascorso buona parte dell’infanzia
a Padola, proprio a pochi chilometri da Sesto. La gita in
montagna fatta con il padre saliva su verso il Monte
Cavallino, monte che segna esattamente il passaggio
fra Italia e Austria, e proprio lì c’era il rifugio gestito da
Hilde, una piccola casa proprio sul confine. Sempre su quella
cresta, non lontano, c’era anche la caserma della finanza (“Il
doganiere aveva un fucile quando ci venne a svegliare”).
Come notizia successiva, Edoardo ci
segnala anche che Hilde negli anni successivi aprì un
supermercato giù al paese, dopodiché ne ha perso le tracce. E a
me diverte molto immaginarla stufa di diamanti, contrabbandieri,
finanzieri, capre, neve che periodicamente ricopre la sua casa, e
scendere a valle per cambiare vita.
Inoltre, come anticipato, mi rivela
anche che De Gregori nel rievocare il suo racconto ricorda male,
perché il vero oggetto del contrabbando (i “diamanti”)
non erano neanche orologi, ma bensì “accendini
d’argento di particolare foggia”.
Insomma, non si poteva restare
indifferenti a questa specie di stranissima chiusura di un
cerchio, con una delle canzoni più significative del mio
personale immaginario che si rivela essere nata da una vera storia
ambientata fra quelle stesse montagne che rappresentano le radici
inestirpabili della mia famiglia (alle quali ho anche indegnamente
cercato di rendere omaggio in una
specie di romanzo dedicato proprio alle storie di mio
padre e di mio nonno legate a questi luoghi) e che il
tutto venisse alla luce appunto all’interno degli stessi rapporti
familiari e del contatto diretto con il protagonista di questa
storia.
E per chiudere, la scoperta di aver
involontariamente visitato ed esplorato proprio la valle austriaca al
di là di quel monte, e di averci perfino guardato la luna dalla
finestra…
Forse è una fortuna averlo scoperto
dopo, perché lo avessi saputo gli increduli montanari austriaci di
Kartitsch mi avrebbero probabilmente visto andare in giro come uno
squilibrato per le loro valli e i loro sentieri a cercare i
discendenti di quella famosa capra!
La casa di Hilde
(De Gregori – De Angelis)
L'ombra di mio padre due volte la mia,
lui camminava e io correvo,
sopra
il sentiero di aghi di pino,
la montagna era verde.
Oltre quel
monte il confine,
oltre il confine chissà,
oltre quel monte la
casa di Hilde.
*
Io
mi ricordo che avevo paura,
quando bussammo alla porta,
ma lei
sorrise e ci disse di entrare,
era vestita di chiaro.
E ci
mettemmo seduti ad ascoltare il tramonto,
Hilde nel buio suonava
la cetra.
*
Venne
la notte e mio padre dormiva,
ma io guardavo la luna,
dalla
finestra potevo toccarla,
non era più alta di me.
E il cielo
sembrava più grande
ed io mi sentivo già uomo.
Quando la neve
scese a coprire la casa di Hilde.
*
Il
doganiere aveva un fucile
quando ci venne a svegliare,
disse a
mio padre di alzare le mani
e gli frugò nelle tasche.
Ma non
trovò proprio niente,
solo una foto ricordo.
Hilde nel buio
suonava la cetra.
*
Il
doganiere ci strinse la mano
e se ne andò desolato,
allora
Hilde aprì la sua cetra
e tirò fuori i diamanti.
E insieme
bevemmo del vino
ma io solo mezzo bicchiere.
Quando fu l'alba
lasciammo la casa di Hilde.
*
Oltre
il confine, con molto dolore,
non trovai fiori diversi,
ma
sulla strada incontrammo una capra
che era curiosa di noi.
Mio
padre le andò più vicino
e lei si lasciò catturare,
così la
legammo a una corda e venne con noi.
La
prima versione di de Gregori:
https://www.youtube.com/watch?v=FXu0V4E3AsU
Una
recente versione di De Angelis:
https://www.youtube.com/watch?v=0aPxoCu7Ako
Le
foto sono state scattate nel mese di Agosto del 2017 a Kartitsch e
dintorni, in Austria
Alessandro Borgogno
Alessandro
Borgogno
Vivo
e lavoro a Roma, dove sono nato il 5 dicembre del 1965. Il mio
percorso formativo è alquanto tortuoso: ho frequentato il liceo
artistico e poi la facoltà di scienze biologiche, ho conseguito poi
attestati professionali come programmatore e come fotoreporter.
Lavoro in un’azienda di informatica e consulenza come Project
Manager. Dal padre veneto ho ereditato la riservatezza e la sincerità
delle genti dolomitiche e dalla madre lo spirito partigiano della
resistenza e la cultura millenaria e il cosmopolitismo della città
eterna. Ho molte passioni: l’arte, la natura, i viaggi, la
storia, la musica, il cinema, la fotografia, la scrittura. Ho
pubblicato molti racconti e alcuni libri, fra i quali “Il Genio e
L’Architetto” (dedicato a Bernini e Borromini) e “Mi fai
Specie” (dialoghi evoluzionistici su quanto gli uomini avrebbero da
imparare dagli animali) con L’Erudita Editrice e Manifesto Libri.
Collaboro con diversi blog di viaggi, fotografia e argomenti vari. Le
mie foto hanno vinto più di un concorso e sono state pubblicate su
testate e network nazionali ed anche esposte al MACRO di Roma. Anche
alcuni miei cortometraggi sono stati selezionati e proiettati in
festival cinematografici e concorsi. Cerco spesso di mettere
tutte queste cose insieme, e magari qualche volta esagero.
https://www.iltitanic.com/Sulle_orme_di_Hilde.HTM
RispondiEliminaGrazie, bellissima intervista. E confermo che Edoardo è davvero una persona squisita, gentilissima, disponibilissima, e mai banale.
Elimina"Lui camminava e io correvo" è una citazione da "The Story of Isaac" di Leonard Cohen ("he was walking and I was running")
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